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BGE 110 Ia 7 - Hegetschweiler


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Regeste
Sachverhalt
Considerando in diritto:
1. Allorquando il ricorso di diritto pubblico fu inoltrato al Tri ...
2. Giuseppe Peduzzi, titolare di una ditta individuale con dipend ...
3. Per sostanziare la censura di violazione del principio della f ...
4. Miglior fondamento non ha la censura dei ricorrenti che scorge ...
5. I ricorrenti fanno tuttavia valere, contro la norma impugnata, ...
6. Dal profilo dell'art. 4 Cost., i ricorrenti rilevano inoltre c ...
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65. Sentenza 4 giugno 1980 della I Corte di diritto pubblico nella causa Peduzzi e litisconsorti contro Gran Consiglio della Repubblica e Cantone del Ticino (ricorso di diritto pubblico)
 
 
Regeste
 
Art. 2 ÜbBest. BV in Verbindung mit Art. 34novies und 34quinquies Abs. 2 BV, und Art. 4 BV. Kinderzulagen an Arbeitslose.
 
2. Legitimation zur Beschwerde gegen einen Erlass von allgemeiner Tragweite (E. 2).
 
3. Die kantonale Bestimmung, die die Leistung von Kinderzulagen vorsieht für die Dauer, in der der Arbeitnehmer eine Arbeitslosenentschädigung bezieht, verstösst nicht gegen den Grundsatz des Vorrangs von Bundesrecht: die Erweiterung des Anspruchs auf Zulagen verfolgt, auch wenn er zum Bereich der Sozialfürsorge zu zählen ist, andere Ziele und deckt andere Risiken als die Arbeitslosenversicherung, die aufgrund von Art. 34novies BV in der Kompetenz des Bundes liegt; ein solches kantonales Recht greift auch nicht in das Gebiet der Familienausgleichskassen ein, über die der Bund aufgrund der ihm durch Art. 34quinquies Abs. 2 BV eingeräumten Kompetenz legiferiert hat. Aus den gleichen Gründen bedeutet die Kumulation von Kinderzulage und Arbeitslosenentschädigung für den Arbeitslosen keine Verletzung der Rechtsgleichheit (E. 3 und 6).
 
4. Die Beiträge, die die Arbeitgeber an die Familienausgleichskassen leisten, stellen Vorzugslasten oder echte und eigentliche Berufssteuern dar und greifen nicht in das Bundesprivatrecht ein. Ihre Verfassungsmässigkeit (E. 4 und 5).
 
 
Sachverhalt
 
BGE 106 Ia 396 (397)L'8 maggio 1978 il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone del Ticino ha adottato una legge che modifica gli art. 8, 9 e 14 della legge sugli assegni familiari ai salariati del 24 settembre 1959 (LAFS). Pubblicata sul Foglio ufficiale del 19 maggio 1978 (n. 40 pag. 1489) ai fini dell'esercizio del diritto di referendum, che non fu domandato, la novella è apparsa nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi n. 17 del 23 giugno 1978 ed è entrata in vigore il 1o luglio 1978 (art. 2 della legge dell'8 maggio 1978). Con la modifica è stato aggiunto all'art. 8 LAFS un terzo capoverso del seguente tenore:
"In caso di disoccupazione totale, l'assegno è corrisposto per il periodo durante il quale il salariato ha diritto alla indennità di disoccupazione in conformintà della legge federale. L'assegno è a carico della CAF cui èBGE 106 Ia 396 (397) BGE 106 Ia 396 (398)affiliato l'ultimo datore di lavoro."
Giuseppe Peduzzi, la Camera di commercio, dell'industria e dell'artigianato del Cantone Ticino e la Cassa degli assegni familiari della predetta Camera, agenti con il patrocinio di un unico avvocato, hanno inoltrato il 19 giugno 1978 al Tribunale federale un riscorso di diritto pubblico fondato sulla violazione degli art. 4 Cost. e 2 disp. trans. Cost. Essi domandano l'annullamento dell'art. 8 cpv. 3 LAFS.
Per il tramite del Consiglio di Stato, il Gran Consiglio ha chiesto che il ricorso sia respinto nella misura in cui è ricevibile. Ai ricorrenti è stata concessa la possibilità di completare il ricorso (art. 93 cpv. 2 OG).
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.
 
La Camera di commercio, dell'industria e dell'artigianato è legittimata a ricorrere in quanto, per espressa disposizione statutaria, essa è chiamata a difendere gli interessi dei propri membri e costoro, almeno in maggioranza,BGE 106 Ia 396 (398) BGE 106 Ia 396 (399)sono lesi dal decreto e sarebbero personalmente legittimati a ricorrere (DTF 103 Ia 68, 101 Ia 126, 99 Ia 597 consid. 1 e rif.); inoltre, essa è legittimata a ricorrere indipendentemente da ciò, perché non è escluso che, nella sua qualità di datrice di lavoro, essa stessa debba contribuire al finanziamento degli assegni. Quest'ultima ragione si può applicare anche alla Cassa assegni familiari della Camera di commercio, indipendentemente dalla sua controversa qualifica quale ente del diritto privato o del diritto pubblico.
La legittimazione ricorsuale è quindi data per tutti i ricorrenti.
Quest'argomentazione non può essere condivisa.
Certo, tanto l'assicurazione contro la disoccupazione quanto gli assegni familiari rientrano nel novero dei provvedimenti di sicurezza sociale. Ma i due istituti si distinguono nettamente per i loro scopi. L'assicurazione contro la disoccupazione è destinata a coprire il rischio di disoccupazione. Per riprendere la terminologia della Convenzione internazionale n. 102 concernente le norme minime della sicurezza sociale, conclusa a Ginevra il 28 giugno 1952 ed in vigore per la Svizzera dal 18 ottobre 1978 (SR 0.831.102, RU 1978 II pag. 1626 segg.), l'evento coperto dall'assicurazione contro la disoccupazione è "la sospensione del guadagno, secondo la legislazione nazionale, dovuto all'impossibilità di ottenere un impiego adeguato nel caso di una persona protetta capace di lavorare e disponibile al lavoro" (art. 20). Invece, gli assegni familiari costituiscono prestazioni sociali destinate a sovvenzionare i costi determinati dall'esistenza di una famiglia, in particolareBGE 106 Ia 396 (399) BGE 106 Ia 396 (400)di figli (Convenzione art. 40: "L'evento coperto è il mantenimento dei figli secondo quanto prescritto"). Ora, se il legislatore ticinese ha previsto che assegni familiari debbano esser corriposti a disoccupati, esso ha prescritto che tali assegni siano versati a questi beneficiari non in ragione della loro disoccupazione, bensì in virtù di una disposizione che estende il pagamento di assegni di famiglia, oltre la cerchia dei salariati, a persone momentaneamente private di salario. In altre parole l'art. 8 cpv. 3 LAFS riguarda unicamente l'estensione del diritto all'assegno (cfr. il titolo marginale) e resta nel quadro di un sistema di assegni familiari, la cui corresponsione - ed è quanto i ricorrenti manifestamente disattendono - non deve necessariamente limitarsi ai soli salariati.
Ci si potrebbe invero chiedere, come asserisce il Cantone Ticino in linea subordinata, se l'estensione del diritto all'assegno non costituisca una forma di aiuto ai disoccupati che, analogamente alle prestazioni complementari in materia di AVS e AI, resta di competenza cantonale giusta l'art. 34novies cpv. 1 seconda frase Cost. In realtà questa interpretazione non regge: come s'è visto, le prestazioni versate in virtù dell'art. 8 cpv. 3 LAFS non sono prestazioni d'aiuto ai disoccupati, ma prestazioni di un'assicurazione sociale, che sono versate agli aventi diritto in ragione di causa diversa dalla disoccupazione, cioè dell'esistenza di figli a carico.
Se le critiche ricorsuali possono ancora apparire in un certo senso comprensibili in quanto si riferiscono alla competenza della Confederazione per l'assicurazione contro la disoccupazione, esse sono per contro manifestamente infondate nella misura in cui si rifanno alla competenza in materia di prestazioni di sicurezza sociale a favore delle famiglie. Sul piano federale, la questione è retta dall'art. 34quinquies cpv. 2 Cost., che autorizza la Confederazione a legiferare in materia di casse di compensazione per le famiglie, con la facoltà di dichiarare obbligatoria per tutta la popolazione o per taluni gruppi di essa l'affiliazione a queste casse. Sinora, in applicazione di questa disposizione, la Confederazione ha legiferato unicamente in favore dei lavoratori agricoli e dei piccoli contadini, i quali ultimi - lo si rilevi con riferimento a quanto testé osservato - non sono salariati (art. 1 e 5 della legge federale concernente gli assegni familiari ai lavoratori agricoli e ai piccoli contadini del 20 giugno 1952). Fuori dal suddetto settore, poiché l'art. 34quinquies cpv. 2 Cost. conferisce alla Confederazione una competenzaBGE 106 Ia 396 (400) BGE 106 Ia 396 (401)concorrente, i Cantoni conservano la loro competenza sino a quando la Confederazione non avrà legiferato (DTF 73 I 53 consid. 4; cfr. AUBERT, Traité de droit constitutionnel suisse, n. 686, 693 e 702).
Se ne deve concludere che, adottando l'art. 8 cpv. 3 LAFS, il legislatore ticinese non ha legiferato in materia di assicurazione contro la disoccupazione, né in materia di aiuto ai disoccupati. Esso ha adottato norme sugli assegni familiari, in un settore nel quale il legislatore federale ancora non ha fatto uso della facoltà conferitagli dall'art. 34quinquies cpv. 2 Cost., e non ha per questo infranto il primato del diritto federale.
Nella sentenza fondamentale apparsa in DTF 73 I 47 segg., il Tribunale federale ha infatti già giudicato che le leggi relative agli assegni familiari non incidono nel campo del diritto privato federale, poiché esse non hanno tratto alle relazioni tra datore di lavoro e lavoratori. I contributi che i datori di lavoro devono corrispondere alle casse di compensazione costituiscono infatti o dei tributi che hanno per corrispettivo un vantaggio particolare (Vorzugslasten) o delle imposte (DTF 73 I 55 consid. 6). Segnatamente, il datore di lavoro non è astretto a pagare assegni ai propri dipendenti (in casu: ai suoi ex-dipendenti), ma a versare ad una cassa di compensazione contributi commisurati all'effettivo dei suoi dipendenti, ricevano essi l'assegno o no (cfr. anche, in senso identico, la più recente sentenza del 3 maggio 1978 in re Exfour c. Neuchâtel, consid. 5 b).
5. I ricorrenti fanno tuttavia valere, contro la norma impugnata, ch'essa astringe i datori di lavoro a versare dei contributi il cui provento sarà in parte utilizzato per pagare assegni a disoccupati che, in quanto tali, non sono più legati ad alcuno dei datori di lavoro affiliati alla cassa. Ciò è senz'altro vero, ma irrilevante. Il fatto sta infatti a significare semplicemente che i contributi pagati alla cassa di compensazione hanno, sotto questo risvolto, la caratteristica di un'imposta vera e propria, destinata al finanziamento di scopi di natura generale, e prelevata a carico di commercianti e industriali. Ora, la giurisprudenza ha già ammesso la costituzionalità di imposte professionali prelevate a caricoBGE 106 Ia 396 (401) BGE 106 Ia 396 (402)di commercianti e di industriali. Essa ha in particolare rilevato che tali imposte - purché si affianchino a quelle ordinarie, senza sostituirle (com'è il caso dell'imposta minima), siano di importo relativamente moderato e si fondino su un calcolo oggettivamente sostenibile - possono far astrazione dalla capacità contributiva senza violare la Costituzione. Esse non violano neppure la libertà di commercio, purché non abbiano uno scopo protezionista, si giustifichino per motivi oggettivi e non abbiano effetto proibitivo (sentenza 22 dicembre 1978 in re Battaglieri e Hari c. Comuni di Ginevra e Lancy). Che la quota di contributo destinata al versamento degli assegni a lavoratori disoccupati abbia uno scopo protezionista o un effetto addirittura proibitivo, i ricorrenti, a ragione, non asseverano nemmeno. Quanto all'esistenza di motivi oggettivi, contrariamente all'assunto dei ricorrenti, essa può esser ammessa: non v'è infatti ragione convincente per escludere che i datori di lavoro possano esser chiamati a pagare tributi destinati in parte a finanziare il pagamento di assegni familiari a lavoratori disoccupati, dal momento che lo stesso costituente federale, all'art. 34novies cpv. 4 Cost., ha statuito la responsabilità dei datori di lavoro per quanto ha tratto al mantenimento dei disoccupati, imponendo loro di assumere a proprio carico la metà dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione.
Infine, che l'art. 8 cpv. 3 LAFS, estendendo il diritto all'assegno ad una categoria di persone che non sono (più) salariate, si ponga in contraddizione con il titolo della legge o con altre norme della stessa, che limitano la corresponsione ai salariati, non è di rilievo. La novella, che è una legge, può infatti modificare, senza violare il principio costituzionale della gerarchia delle norme, un'altra legge, istituendo deroghe per casi speciali.BGE 106 Ia 396 (403)