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Informationen zum Dokument  BGer 2A.397/2004  Materielle Begründung
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BGer 2A.397/2004 vom 14.04.2005
 
Tribunale federale
 
{T 0/2}
 
2A.397/2004 /biz
 
Sentenza del 14 aprile 2005
 
II Corte di diritto pubblico
 
Composizione
 
Giudici federali Merkli, presidente,
 
Betschart, Hungerbühler, Wurzburger e Müller,
 
cancelliere Bianchi.
 
Parti
 
A.________,
 
ricorrente, patrocinato dall'avv. dott. Goran Mazzucchelli,
 
contro
 
Dipartimento federale di giustizia e polizia,
 
Palazzo federale ovest, 3003 Berna.
 
Oggetto
 
divieto d'entrata,
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
 
dell'11 giugno 2004 del Dipartimento federale
 
di giustizia e polizia.
 
Fatti:
 
A.
 
Il 27 maggio 2003, il cittadino italiano e britannico residente a Milano A.________ (1959), fino ad allora incensurato, è stato condannato dalla Corte delle assise correzionali di Lugano a undici mesi di detenzione, sospesi condizionalmente per un periodo di prova di tre anni. Egli è stato riconosciuto colpevole di complicità in ripetuta appropriazione indebita. Come funzionario di una società milanese di brokeraggio, ha infatti prestato assistenza ad un impiegato di una banca ticinese nell'effettuazione di operazioni finanziarie che, tra il 1998 e il 1999, hanno causato all'istituto di cui quest'ultimo era dipendente un danno di almeno fr. 590'000.--. Di tale perdita la parte lesa è poi stata adeguatamente risarcita.
 
B.
 
Preso atto della suddetta condanna, il 30 giugno 2003 l'Ufficio federale degli stranieri (ora: Ufficio federale della migrazione; UFM) ha pronunciato nei confronti di A.________ un divieto d'entrata in Svizzera valido fino al 30 giugno 2008. L'autorità ha considerato un suo ritorno in Svizzera indesiderato a motivo del suo comportamento e per ragioni di ordine e di sicurezza pubblici. Con decisione dell'11 giugno 2004 il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) ha parzialmente accolto l'impugnativa interposta dall'interessato contro tale provvedimento, limitando la durata del divieto d'entrata al 30 giugno 2006.
 
C.
 
L'8 luglio 2004 A.________ ha introdotto un ricorso di diritto amministrativo dinanzi al Tribunale federale con cui chiede l'annullamento della decisione dipartimentale. Lamenta, in sostanza, la violazione dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (di seguito ALC o Accordo; RS 0.142.112.681).
 
D.
 
Chiamato ad esprimersi, il Dipartimento federale di giustizia e polizia propone, in via principale, di dichiarare irricevibile il gravame e, in via subordinata, di respingerlo.
 
Diritto:
 
1.
 
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità dei gravami che gli sono sottoposti (DTF 130 II 509 consid. 8.1, 388 consid. 1, 321 consid. 1).
 
1.1 Le decisioni in materia di divieto d'entrata sono pronunciate dall'Ufficio federale della migrazione (art. 13 cpv. 1 e 15 cpv. 3 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri [LDDS; RS 142.20]) con facoltà di ricorso al Dipartimento federale di giustizia e polizia (art. 20 cpv. 1 lett. a LDDS). Quest'ultimo decide inappellabilmente (art. 20 cpv. 3 LDDS): il chiaro tenore dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG esclude infatti l'ammissibilità del ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale in quest'ambito (DTF 129 II 193 consid. 2.1). In base a tale disposto l'impugnativa in esame risulterebbe dunque irricevibile.
 
1.2
 
1.2.1 In quanto cittadino italiano e brittanico, il ricorrente può prevalersi dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone. Detta normativa conferisce di principio ai cittadini svizzeri e a quelli degli Stati della Comunità europea il diritto di ingresso nel territorio dell'altra parte contraente dietro semplice presentazione di una carta d'identità o di un passaporto validi (art. 1 lett. a e 3 ALC, art. 1 cpv. 1 Allegato I ALC; Minh Son Nguyen, L'Accord bilatéral sur la libre circulation des personnes et le droit de la police des étrangers, in: RDAF 57/2001 I pag. 133 segg., in part. pag. 151), ad esempio in veste di destinatari di servizi (art. 5 cpv. 3 ALC e art. 23 cpv. 1 Allegato I ALC).
 
Nella fattispecie vanno dunque ossequiate le garanzie processuali previste dall'art. 11 ALC "per quanto riguarda l'applicazione delle disposizioni dell'Accordo". Tale norma prescrive in particolare alle parti contraenti l'istituzione di un doppio grado di ricorso. Mentre la prima istanza ricorsuale può essere anche solo un'autorità amministrativa, a condizione che garantisca comunque un ricorso efficace, contro le sue decisioni deve essere data facoltà di appello dinanzi ad un'autorità giudiziaria indipendente e imparziale (art. 11 cpv. 1 e 3 ALC; Stephan Breitenmoser/Michael Isler, Der Rechtsschutz im Personenfreizügigkeitsabkommen zwischen der Schweiz und der EG sowie den EU-Mitgliedstaaten, in: AJP 2002 pag. 1003 segg., in part. pag. 1014; Peter Uebersax, Entwicklungen beim Rechtsschutz im Ausländerrecht, in: Bernhard Ehrenzeller [a cura di], Das schweizerische Ausländerrecht, San Gallo 2003, pag. 61 segg., in part. pag. 80).
 
1.2.2 Come rilevato, l'ordinamento procedurale interno relativo ai divieti d'entrata non prevede la possibilità di impugnare il giudizio reso su ricorso dal Dipartimento dinanzi ad un'autorità giudiziaria. La disciplina dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG disattende di conseguenza le esigenze poste dall'Accordo (Uebersax, op. cit., pag. 82 seg.; Andreas Zünd, Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und Fernhaltung, in: Uebersax/Münch/Geiser/Arnold [a cura di], Ausländerrecht, Basilea/ Ginevra/Monaco 2002, n. 6.92).
 
1.3
 
1.3.1 In virtù dell'art. 191 Cost., il Tribunale federale è vincolato all'applicazione tanto delle leggi federali, quanto del diritto internazionale. La Costituzione non regolamenta tuttavia in maniera espressa il caso in cui, come in concreto, vi sia una contraddizione inconciliabile tra i due ordini di norme. Secondo la giurisprudenza, in simili ipotesi, tenendo conto dei principi generali in materia di diritto internazionale pubblico (cfr. gli art. 26 e 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 [RS 0.111]; cfr. pure art. 5 cpv. 4 Cost.), il diritto internazionale prevale in linea di massima su quello interno (DTF 125 II 417 consid. 4d; 122 II 484 consid. 3a, 234 consid. 4e; cfr. anche DTF 128 IV 201 consid. 1.3, 117 consid. 3b). Ciò vale specialmente laddove la normativa internazionale è più recente (DTF 118 Ib 277 consid. 3b; Yvo Hangartner, in: Ehrenzeller/Mastronardi/Schweizer/ Vallender [a cura di], Die Schweizerische Bundesverfassung [St. Galler Kommentar], Zurigo 2002, n. 25 ad art. 191) o ha per scopo la tutela dei diritti dell'uomo (DTF 125 II 417 consid. 4d).
 
1.3.2 L'entrata in vigore dell'Accordo sulla libera circolazione è ben posteriore all'adozione della norma d'eccezione di cui all'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG. Essendo applicabile solo ai cittadini comunitari ed ai loro familiari, l'art. 11 ALC costituisce poi anche una lex specialis per rapporto alla regola di diritto interno, riguardante tutti gli stranieri (su tale criterio, cfr. DTF 117 Ib 367 consid. 2b). Considerato inoltre che il disposto convenzionale, analogamente all'art. 6 n. 1 CEDU (DTF 130 I 312 consid. 1.1; 124 II 417 consid. 2d), è una norma istitutiva di protezione giuridica direttamente applicabile, appare certamente giustificato attribuirgli carattere preminente (Uebersax, op. cit., pag. 84; Breitenmoser/Isler, op. cit., pag. 1015 e seg.).
 
Non occorre pertanto chiedersi se l'Accordo abbia in generale valenza prioritaria rispetto alle leggi federali di senso opposto. Giova comunque rilevare che a sostegno di tale tesi la dottrina adduce, tra l'altro, l'impegno a riferirsi al diritto comunitario espresso all'art. 16 cpv. 1 ALC, il rango superiore del diritto internazionale nella Comunità europea o la natura di diritto fondamentale del principio della libera circolazione (Breitenmoser/Isler, op. cit., pag. 1010; Silvia Bucher, Die Rechtsmittel der Versicherten gemäss APF im Bereich der sozialen Sicherheit, in: Schaffhauser/Schürer [a cura di], Rechtsschutz der Versicherten und der Versicherer gemäss Abkommen EU/CH über die Personenfreizügigkeit im Bereich der sozialen Sicherheit, San Gallo 2002, pag. 87 segg., in part. pag. 153 segg.).
 
1.3.3 Vista la natura di garanzia processuale diretta dell'art. 11 ALC, non può essere condivisa la risposta dipartimentale che propone di attenersi alla norma della legge sull'organizzazione giudiziaria in attesa dell'adeguamento del diritto interno a quello internazionale. Del resto il progetto della nuova legge federale sugli stranieri, che su questo punto non ha dato adito a discussioni dinanzi alle Camere federali, prevede solo un adeguamento linguistico, ma non sostanziale dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG (FF 2002 pag. 3466 segg., in part. pag. 3505; BU CN 2004 n. 1162 seg.; BU CS 2005 n. 318; Uebersax, op. cit., pag. 90). Non appare decisivo nemmeno il fatto che con la riforma totale dell'organizzazione giudiziaria sarà garantita la possibilità di ricorso dinanzi ad un'autorità giudiziaria indipendente quale il Tribunale amministrativo federale (cfr. art. 29a e 191a cpv. 2 Cost., RU 2002 pag. 3148 segg. e RU 2005 pag. 1475; FF 2001 pag. 4083 segg., in part. pag. 4088 seg. ad art. 27-29 nLTram e pag. 4093 ad Allegato n. 2 art. 20; IMES, Istruzioni e commenti concernenti l'introduzione graduale della libera circolazione delle persone, pag. 25 [Istruzioni OLCP]).
 
1.4 In base a quanto precede il Tribunale federale deve perciò entrare nel merito del presente ricorso, fondandosi direttamente sull'art. 11 cpv. 3 ALC, al fine di evitare una violazione del diritto convenzionale (cfr., per analogia, DTF 130 I 312 consid. 1.1, in relazione con DTF 129 II 193 consid. 4.2.4; DTF 125 II 417 consid. 4d). La concreta fattispecie si distanzia d'altronde da quella alla base di un precedente giudizio di questa Corte (2A.7/2004 del 2 agosto 2004), in cui non è invero nemmeno stato effettuato un esame nella prospettiva dell'art. 11 ALC; in effetti in tal caso il gravame risultava comunque ricevibile, ed è per di più stato sostanzialmente accolto, sotto il profilo, determinante, del diritto di soggiorno. L'impugnativa, che ossequia per il resto i requisiti esatti dagli art. 97 segg. OG, è pertanto ammissibile.
 
2.
 
Con il ricorso di diritto amministrativo può essere fatta valere sia la violazione del diritto federale, che comprende i trattati internazionali (DTF 130 II 337 consid. 1.3; 126 II 506 consid. 1b) nonché l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento, sia l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti rilevanti (art. 104 lett. a e b OG). Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. Non essendo l'istanza inferiore un'autorità giudiziaria, può inoltre verificare d'ufficio gli accertamenti di fatto su cui si fonda il giudizio contestato (art. 105 OG).
 
3.
 
3.1 Il provvedimento litigioso è stato adottato in base all'art. 13 cpv. 1, 1° periodo LDDS, secondo cui l'autorità federale può vietare l'entrata in Svizzera di stranieri indesiderabili. Ai cittadini degli Stati membri della Comunità europea ed ai loro familiari la citata legge si applica tuttavia solo nella misura in cui l'Accordo sulla libera circolazione non disponga altrimenti oppure se essa preveda disposizioni più favorevoli (art. 1 lett. a LDDS). Ne consegue pertanto che la misura in discussione, limitativa di una prerogativa stabilita dall'Accordo (cfr. consid. 1.2.1; Jean-Pierre Moser, Accords bilatéraux et mesures d'éloignement au titre de l'ordre public et de la sécurité publique, in: RDAF 2003 I pag. 84 segg., in part. pag. 89 e 92), può essere fondata soltanto su motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e pubblica sanità (art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC). Tali nozioni vanno intese nel senso definito dalla direttiva 64/221/CEE, del 25 febbraio 1964 (pubblicata in: GU 1964, n. 56, pag. 850) e dalla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) precedente alla sottoscrizione dell'ALC (art. 5 cpv. 2 Allegato I ALC, combinato con l'art. 16 cpv. 2 ALC; sulla giurisprudenza successiva, cfr. DTF 130 II 1 consid. 3.6.1).
 
3.2 Le deroghe alla libera circolazione devono essere interpretate in modo restrittivo. Pertanto il ricorso da parte di un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico per restringere questa libertà presuppone, al di là della turbativa insita in ogni violazione di legge, una minaccia effettiva e abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della società (DTF 130 II 493 consid. 3.2, 176 consid. 3.4.1; 129 II 215 consid. 7.3; sentenze CGCE del 27 ottobre 1977 nella causa 30-77, Bouchereau, Racc. 1977, 1999, n. 33-35, e del 19 gennaio 1999 nella causa C-348/96, Calfa, Racc. 1999, I-11, n. 23 e 25). I provvedimenti fondati su motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono inoltre essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati (art. 3 cpv. 1 della direttiva 64/221/CEE). Escluse sono quindi misure dettate da ragioni di prevenzione generale, decretate cioè nell'intento di provocare un effetto dissuasivo presso altri cittadini stranieri (DTF 130 II 493 consid. 3.2, 176 consid. 3.4.1; 129 II 215 consid. 7.1; sentenza CGCE del 26 febbraio 1975 nella causa 67-74, Bonsignore, Racc. 1975, 297, n. 6-7). La sola esistenza di condanne penali non può automaticamente legittimare l'adozione di provvedimenti che limitano la libera circolazione (art. 3 cpv. 2 della direttiva 64/221/CEE). Una tale condanna può essere presa in considerazione soltanto nella misura in cui dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico; secondo i casi, non è comunque escluso che la sola condotta tenuta in passato costituisca una siffatta minaccia (DTF 130 II 493 consid. 3.2, 176 consid. 3.4.1; sentenze CGCE cit. in re Bouchereau, n. 27-29, e in re Calfa, n. 24).
 
3.3 La Corte di giustizia non ha sinora precisato in modo puntuale i criteri che permettono di valutare se una minaccia è attuale nel senso della direttiva 64/221/CEE. Da un lato, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni in futuro per poter adottare misure per ragioni di ordine pubblico; d'altro lato, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia praticamente nullo per rinunciare a simili misure. Tenuto conto del principio della libera circolazione, un certo rigore s'impone comunque sotto questo aspetto. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 130 II 493 consid. 3.3, 176 consid. 4.3.1). Inoltre, come nel caso di qualsiasi altro cittadino straniero, l'esame deve essere effettuato tenendo presente le garanzie derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo così come il principio di proporzionalità (DTF 130 II 493 consid. 3.3, 176 consid. 3.4.2; 129 II 215 consid. 6.2; sentenze CGCE del 28 ottobre 1975 nella causa 36-75, Rutili, Racc. 1975, 1219, n. 32 e dell'11 luglio 2002, nella causa C-60/00, Carpenter, Racc. 2002, I-6279, n. 42 segg.).
 
4.
 
4.1 Come accennato in narrativa, il ricorrente è stato condannato a undici mesi di detenzione, sospesi condizionalmente, per complicità in ripetuta appropriazione indebita. Risulta dal giudizio penale che egli forniva indicazioni (su controparte e prezzo) ad un dipendente di una banca ticinese, in modo che quest'ultimo effettuasse operazioni su divise, fittizie e/o con prezzi alterati per rapporto a quelli del mercato del momento. Mediante queste operazioni il funzionario bancario si appropriava di averi di pertinenza del suo datore di lavoro, che trasferiva poi su conti dei complici per il successivo utilizzo in suo e loro favore. I reati sono stati commessi d'intesa con due dirigenti della società di brokeraggio per cui il ricorrente lavorava e si sono protratti dal mese di settembre del 1998 al giugno del 1999. L'ammanco complessivo per l'istituto di credito è stato valutato in fr. 590'000.--.
 
4.2 Secondo l'istanza inferiore, le infrazioni descritte giustificherebbero un divieto d'entrata, comunque limitato nel tempo, poiché lederebbero in maniera grave un interesse fondamentale per la Svizzera, quale la tutela della piazza finanziaria. Considerati la durata delle operazioni illecite, il fatto che abbiano coinvolto più persone ed il danno arrecato, il comportamento delittuoso presenterebbe inoltre un alto grado di illiceità. Il rischio di recidiva sarebbe poi reale visto che il ricorrente, dopo un periodo di disoccupazione, è tornato ad esercitare una professione nel settore finanziario, a cui sono legate le irregolarità commesse. Decisive al riguardo non sarebbero del resto le considerazioni espresse dal Giudice penale.
 
4.3
 
4.3.1 Da un profilo generale, l'interesse all'integrità e alla credibilità della realtà economica e bancaria elvetica è indubbiamente importante e rappresenta un obiettivo da perseguire con rigore. Le pressioni internazionali e le critiche sulla mancanza di trasparenza, a cui si riferisce l'autorità inferiore, concernono tuttavia soprattutto la problematica del segreto bancario e della cooperazione internazionale in materia fiscale, che in concreto non è minimamente in causa. Del resto, la pronuncia in sede di polizia degli stranieri di una misura di severità esemplare proprio in quest'ottica risulterebbe difficilmente compatibile con l'obbligo di fondarsi esclusivamente sul comportamento personale del cittadino comunitario.
 
Al di là del manifesto interesse pubblico a perseguire atti illeciti come quelli commessi dal ricorrente, questi ultimi non riguardano comunque beni giuridici estremamente sensibili come la vita e l'integrità fisica, né sono legati al commercio di stupefacenti o ad altri crimini specialmente pericolosi per l'ordine pubblico (DTF 125 II 521 consid. 4a/aa; Istruzioni OLCP, pag. 77). Benché le colpe dell'interessato non vadano certo minimizzate, le specifiche modalità di commissione delle infrazioni non evidenziano inoltre una particolare gravità. Lo attesta d'altronde già la pena relativamente modesta inflitta. Diversamente da quanto sostenuto nella sentenza impugnata, le malversazioni non sono invero state operate su vasta scala, ma in un unico, ridotto contesto societario e su un lasso di tempo limitato a qualche mese. Esse hanno inoltre arrecato alla parte lesa un danno non trascurabile, ma nemmeno esorbitante per il tipo di reato in questione.
 
4.3.2 In queste circostanze, il provvedimento litigioso potrebbe eventualmente apparire giustificato soltanto a fronte di elementi concreti e precisi che permettano di formulare una prognosi negativa sulla condotta dell'interessato. Certo, la valutazione dell'autorità amministrativa non è vincolata dalle conclusioni del giudice penale, che, nello specifico, non ha pronunciato la pena dell'espulsione ai sensi dell'art. 55 CP (DTF 130 II 493 consid. 4.2; 129 II 215 consid. 3.2 e 7.4). Tuttavia un pronostico sfavorevole non può venir dedotto semplicemente dalla ripresa dell'attività professionale in ambito finanziario. In assenza di ulteriori indizi, questa situazione non è infatti di per sé stessa suscettibile di rendere verosimile un rischio di recidiva. Per contro, occorre considerare che già in corso d'inchiesta le pretese di risarcimento della parte lesa sono state integralmente soddisfatte. Prima della citata condanna da parte della Corte penale ticinese, a carico del ricorrente, quarantaseienne, non figurava inoltre alcun precedente né nel casellario giudiziale svizzero, né in quello italiano. Dal momento dei fatti sono infine ormai trascorsi diversi anni, senza che l'interessato sia nel frattempo incorso in altre infrazioni.
 
4.4 Per le ragioni esposte, non appaiono in definitiva adempiuti i presupposti per ammettere una restrizione al principio della libera circolazione. Nonostante le infrazioni commesse, il ricorrente, fors'anche indesiderabile nel senso dell'art. 13 cpv. 1 LDDS, non rappresenta infatti una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della società, tale da legittimare una misura per motivi di ordine pubblico, giusta l'art. 5 Allegato I ALC. Indipendentemente dalle ragioni per cui egli intende recarsi in Svizzera, il divieto d'entrata, pur limitato nel tempo e peraltro finora concretamente effettivo, deve di conseguenza essere annullato.
 
5.
 
5.1 Viste le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto e il giudizio impugnato annullato. Data la natura del procedimento, si giustifica di riformare direttamente la pronuncia dell'istanza precedente, nel senso di annullare nel contempo anche la decisione dell'ora Ufficio federale della migrazione (art. 114 cpv. 2 OG).
 
5.2 Soccombente, la Confederazione è comunque dispensata dal pagamento delle spese processuali, in quanto non sono in gioco i suoi interessi pecuniari (art. 156 cpv. 1 e 2 OG). Essa dovrà tuttavia versare al ricorrente, assistito da un avvocato, un'indennità per ripetibili, che è opportuno stabilire in questa sede per entrambe le istanze ricorsuali (art. 159 cpv. 1 OG).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Il ricorso è accolto. La decisione dell'11 giugno 2004 del Dipartimento federale di giustizia e polizia ed il divieto d'entrata pronunciato il 30 giugno 2003 dall'Ufficio federale degli stranieri sono annullati.
 
2.
 
Non si preleva tassa di giustizia.
 
3.
 
La Confederazione rifonderà al ricorrente un'indennità complessiva di fr. 3'000.-- a titolo di ripetibili per la procedura dinanzi al Tribunale federale e al Dipartimento federale di giustizia e polizia.
 
4.
 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente e al Dipartimento federale di giustizia e polizia.
 
Losanna, 14 aprile 2005
 
In nome della II Corte di diritto pubblico
 
del Tribunale federale svizzero
 
Il presidente: Il cancelliere:
 
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