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BGer 6B_121/2021 vom 20.06.2022
 
Tribunal fédéral
 
Tribunale federale
 
Tribunal federal
 
[img]
 
 
6B_121/2021
 
 
Sentenza del 20 giugno 2022
 
 
Corte di diritto penale
 
Composizione
 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente,
 
Denys, Muschietti, van de Graaf, Koch,
 
Cancelliera Ortolano Ribordy.
 
 
Partecipanti al procedimento
 
A.________,
 
ricorrente,
 
contro
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
 
opponente.
 
Oggetto
 
Espulsione,
 
ricorso contro la sentenza emanata il 23 novembre 2020 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (incarto n. 17.2020.245).
 
 
Fatti:
 
A.
Con sentenza del 17 giugno 2020, la Corte delle assise criminali ha dichiarato A.________ autore colpevole di infrazione aggravata alla LStup, per avere alienato, nel periodo inizio 2018-4 febbraio 2020, in parziale correità con la moglie e con terzi, 870 grammi di cocaina e posseduto 260,64 grammi di cocaina destinati alla vendita, nonché di ripetuta contravvenzione alla legge sugli agenti terapeutici. Lo ha condannato alla pena detentiva di 3 anni e 3 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, e alla multa di fr. 100.--. Ha inoltre ordinato la sua espulsione dal territorio svizzero per un periodo di 5 anni.
B.
Accogliendo parzialmente l'appello di A.________ diretto essenzialmente contro la commisurazione della pena detentiva e la pronuncia dell'espulsione, con sentenza del 23 novembre 2020, la Corte di appello e di revisione penale (CARP) ha ridotto la pena detentiva a 3 anni, da dedursi il carcere preventivo sofferto e la pena anticipatamente espiata, e ne ha sospeso condizionalmente l'esecuzione in ragione di 21 mesi, con un periodo di prova di 2 anni. Ha per contro confermato la misura dell'espulsione per un periodo di 5 anni.
Per quanto qui di rilievo, la sentenza della CARP poggia sui seguenti fatti:
B.a. Cittadino rumeno, A.________ è giunto in Svizzera nel 2009 all'età di 32 anni. Qui ha cominciato un apprendistato che non ha portato a termine. Ha poi lavorato come caposquadra presso un'impresa di pulizie. Dopo un periodo di disoccupazione, ha avviato delle attività in proprio: da inizio 2018 è titolare di un'impresa di taxi e dal 2019 anche di un esercizio pubblico. È membro di un'associazione di connazionali che risiedono all'estero. Nel 2013 si è sposato con una connazionale, in Svizzera dal 2003. È padre di due figli, il primo nato nel 2004 da una precedente unione e di cui ha la custodia, la seconda nata nel 2015. Dal 2019 anche il padre dell'insorgente, affetto da diversi problemi di salute, vive in Svizzera grazie a un ricongiungimento familiare. La madre e la sorella del ricorrente sono invece rimaste in patria. Prima del suo arresto, avvenuto nel febbraio 2020, le entrate mensili dei coniugi permettevano di coprire integralmente il fabbisogno familiare. L'insorgente è incensurato e non è un consumatore di stupefacenti.
B.b. L'attività di narcotraffico di A.________ ha preso avvio a inizio del 2018. Egli si faceva consegnare la cocaina direttamente in Svizzera, la conservava e la tagliava a casa. Per svolgere e promuovere l'attività di spaccio si poggiava sia sulla sua attività di tassista sia sul suo esercizio pubblico e per consegnare lo stupefacente ai consumatori si serviva di sua moglie e dei suoi dipendenti. Affinché l'attività di spaccio potesse funzionare autonomamente anche senza la sua costante e diretta partecipazione, A.________ ha inoltre appositamente istruito e impiegato uno dei suoi impiegati, coinvolgendolo anche nelle operazioni di taglio e di confezionamento. Con la sua attività di narcotraffico, egli ha messo in circolazione oltre 1000 dosi di cocaina e ha guadagnato complessivamente fr. 27'000.--. A.________ ha agito unicamente per motivi di lucro, al solo scopo di migliorare la situazione economica sua e dei suoi familiari, nonché per tessere e intrattenere relazioni con "persone di un certo livello sociale".
C.
A.________ impugna questo giudizio con un ricorso in materia penale al Tribunale federale e chiede che si prescinda dalla sua espulsione.
Al momento di trasmettere l'incarto cantonale, la CARP ha spontaneamente comunicato di rinunciare a formulare osservazioni sul ricorso, rinviando ai considerandi della sua sentenza. Invitato a esprimersi, il Ministero pubblico, sintetizzati i fatti oggetto di condanna per grave infrazione alla LStup ed evidenziato l'atteggiamento processuale proattivo del ricorrente, lascia a questo Tribunale valutare se l'interesse pubblico all'espulsione sia superiore a quello privato dell'insorgente e della di lui famiglia a rimanere in Svizzera. Il ricorrente non ha replicato.
 
1.
Inoltrato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, in quanto tempestivo (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e presentato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).
2.
La CARP ha rilevato che, in virtù dell'art. 66a cpv. 1 lett. o CP, la condanna del ricorrente per infrazione aggravata alla LStup imponeva di pronunciare la sua espulsione. Ha quindi esaminato la compatibilità della misura, nel caso concreto, con l'art. 5 n. 1 Allegato I dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), essendo l'insorgente cittadino di uno degli Stati membri dell'Unione europea. Tenuto conto della natura e dello sviluppo della sua attività di spaccio di cocaina, la CARP ha ritenuto la misura proporzionata alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici e conseguentemente rispettosa dell'art. 5 n. 1 Allegato I ALC. Chinandosi poi sulle condizioni poste dall'art. 66a cpv. 2 CP per prescindere dall'espulsione, ha stabilito che la misura non costituiva per il ricorrente un grave caso di rigore personale e ha dunque confermato l'espulsione pronunciata in prima istanza.
Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 66a CP. Ritiene che la mancata applicazione del caso di rigore alla fattispecie comporterebbe la violazione dell'art. 8 CEDU, degli art. 11 cpv. 1, 13 e 14 Cost., nonché degli art. 3, 6, 9 e 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo (CDF; RS 0.107). Non solleva invece alcuna censura sotto il profilo dell'art. 5 n. 1 Allegato I ALC.
 
Erwägung 3
 
3.1. Il giudice espelle dal territorio svizzero per un periodo da 5 a 15 anni lo straniero condannato segnatamente per infrazione all'art. 19 cpv. 2 LStup, a prescindere dall'entità della pena inflitta (art. 66a cpv. 1 lett. o CP). Eccezionalmente può rinunciare a pronunciare l'espulsione se questa costituirebbe per lo straniero un grave caso di rigore personale e l'interesse pubblico all'espulsione non prevale sull'interesse privato dello straniero a rimanere in Svizzera; tiene in ogni modo conto della situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera (art. 66a cpv. 2 CP; cosiddetto caso di rigore). Secondo il chiaro tenore letterale della norma, in caso di condanna per uno o più reati menzionati dall'art. 66a cpv. 1 CP l'espulsione è la regola e la sua rinuncia un'eccezione, subordinata alla realizzazione delle due condizioni cumulative di cui all'art. 66a cpv. 2 CP. Il caso di rigore permette di rispettare il principio della proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.). Dev'essere applicato in modo restrittivo (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.2).
L'esistenza di un caso di rigore non si determina fondandosi su rigide norme di età e neppure può essere automaticamente riconosciuta in base a un determinato periodo di presenza in Svizzera. L'esame del caso di rigore dev'essere effettuato, in ogni singolo caso, sulla scorta dei consueti criteri di integrazione (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.4). Analogamente a quanto previsto nel diritto migratorio per i casi personali particolarmente gravi (v. art. 31 cpv. 1 dell'ordinanza del 24 ottobre 2007 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa [OASA; RS 142.201]), occorre valutare l'integrazione dello straniero conformemente ai criteri di cui all'art. 58a cpv. 1 LStrI (RS 142.20) : la sua situazione familiare, in particolare il momento e la scolarizzazione dei figli, la situazione finanziaria, la durata della sua presenza in Svizzera, lo stato di salute, oltre alle possibilità di un reinserimento nel suo Paese di origine (DTF 144 IV 332 consid. 3.3.2). Di regola si può ammettere la sussistenza di un grave caso di rigore personale quando la prospettata espulsione costituisce per lo straniero un'ingerenza, di una certa portata, nel suo diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dalla Costituzione (art. 13 Cost.) e dal diritto internazionale (in particolare art. 8 CEDU; sentenza 6B_2/2019 del 27 settembre 2019 consid. 7.1 non pubblicato in DTF 145 IV 455).
3.2. L'art. 66a CP dev'essere interpretato conformemente alla CEDU. Il criterio della proporzionalità dell'art. 8 n. 2 CEDU deve quindi guidare la ponderazione degli interessi nell'ambito del caso di rigore dell'art. 66a cpv. 2 CP. L'art. 8 n. 2 CEDU impone di determinare se la misura pronunciata rispetti un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto dell'interessato al rispetto della sua vita privata e familiare e, dall'altro, la tutela dell'ordine pubblico e la prevenzione dei reati (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii).
Secondo la giurisprudenza, per potersi avvalere del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell'art. 8 n. 1 CEDU, lo straniero deve stabilire l'esistenza di legami sociali e professionali particolarmente intensi con la Svizzera, sensibilmente superiori a quelli che risultano da un'integrazione ordinaria. Al riguardo quello del Tribunale federale non è un approccio schematico, consistente nel presumere che, a partire da un soggiorno in Svizzera di una determinata durata, lo straniero vi sia radicato e disponga per conseguenza di un diritto di presenza nel nostro Paese. Esso procede piuttosto a una ponderazione dei diversi interessi, considerando la durata di soggiorno in Svizzera un elemento tra altri e dando poco peso agli anni trascorsi in Svizzera nell'illegalità, in prigione o in virtù di una semplice tolleranza. Un soggiorno legale di 10 anni implica di regola una buona integrazione dello straniero (sentenz a 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii).
Lo straniero può prevalersi dell'art. 8 n. 1 CEDU e dell'art. 13 cpv. 1 Cost. per opporsi a un'eventuale separazione dalla sua famiglia. Le relazioni familiari protette dall'art. 8 n. 1 CEDU sono innanzitutto quelle della cosiddetta famiglia nucleare, ossia quelle esistenti tra i coniugi come pure tra i genitori e i figli minorenni che vivono sotto lo stesso tetto. Perché possa invocare la tutela della sua vita familiare sgorgante dall'art. 8 CEDU, lo straniero deve intrattenere un rapporto stretto ed effettivo con una persona della sua famiglia che ha il diritto di risiedere durevolmente in Svizzera. Non vi è peraltro ingerenza nella vita familiare se è ragionevolmente possibile attendersi dalle persone interessate che realizzino la loro vita familiare all'estero. Non sussiste a priori una violazione dell'art. 8 CEDU se il membro della famiglia con un diritto di presenza in Svizzera può lasciare senza difficoltà questo territorio con lo straniero a cui è stato negato un diritto di soggiorno. Per contro, se la partenza di tale membro non può essere esatta senza altre difficoltà, occorre procedere alla ponderazione degli interessi prevista dall'art. 8 n. 2 CEDU (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii).
3.3. È pacifico che la condanna del ricorrente per infrazione aggravata alla LStup implichi la sua espulsione giusta l'art. 66a cpv. 1 lett. o CP. Resta da esaminare se siano in concreto date le condizioni per rinunciare eccezionalmente a pronunciare questa misura.
3.3.1. Occorre innanzitutto stabilire se l'insorgente adempie le condizioni per invocare il diritto al rispetto della vita familiare nell'ottica di opporsi all'espulsione.
Dal 2013 egli è sposato con una connazionale, titolare di un permesso di domicilio, con cui vive insieme ai due figli, nati rispettivamente in Romania nel 2004 da una precedente unione e in Svizzera nel 2015, e al di lui padre. L'insorgente intrattiene pertanto una relazione stretta ed effettiva con i membri della sua famiglia, di cui alcuni sono titolari di un diritto di presenza durevole in Svizzera e tutti sono di nazionalità rumena. La nazionalità comune a tutti i membri costituisce un indizio di rilievo per ritenere che le persone interessate possano condurre la loro vita familiare all'estero. In tal senso va inoltre osservato che, salvo la figlia, sono tutti nati in Romania e vi hanno vissuto, il ricorrente fino all'età di 32 anni, la moglie fino all'età 26 anni, ne conoscono quindi la lingua, la cultura e le dinamiche sociali, avendovi i coniugi trascorso la maggior parte della loro vita. Vero è che la moglie si trova in Svizzera da quasi 20 anni, ma non risulta che vi si sia radicata a tal punto da renderle praticamente impossibile una partenza e una vita altrove, e neppure il contrario è sostenuto nel ricorso. Il padre dell'insorgente si trova in Svizzera solo dal 2019. Questi è affetto da diversi problemi di salute, nulla indicando tuttavia, e nemmeno è preteso nel gravame, che egli non possa beneficiare di cure adeguate nel suo Paese. La figlia minore è ancora in tenera età (7 anni quest'anno) e potrebbe quindi inserirsi senza grandi difficoltà in Romania (sull'adattabilità di bambini di tale età v. sentenza 2C_778/2017 del 12 giugno 2018 consid. 7.3), mentre il figlio maggiore quest'anno raggiungerà la maggiore età. Il ricorrente afferma che le prospettive per i suoi figli in Romania sarebbero inesistenti, senza illustrare il suo asserto. Ammette tuttavia che il Paese in questione non è loro estraneo, recandovisi una volta all'anno per rendere visita ai familiari, in particolare alle nonne. Secondo la giurisprudenza, i bambini in età evolutiva, come in concreto la secondogenita, possono ragionevolmente trasferirsi insieme ai genitori in un altro Paese, soprattutto se hanno familiarità con la relativa cultura grazie alla conoscenza della lingua e a occasionali soggiorni di vacanza (sentenza 2C_228/2018 del 14 marzo 2019 consid. 5.4). Si rileva peraltro che il fatto che le condizioni di vita e di educazione siano eventualmente migliori in Svizzera rispetto al Paese d'origine non costituisce un ostacolo alla realizzazione di una vita familiare all'estero (v. DTF 136 I 285 consid. 5.3). Va del resto precisato che la questione di sapere se sia ragionevolmente possibile attendersi dalle persone interessate che realizzino la loro vita familiare all'estero non dipende dai loro desideri o aspirazioni, bensì da una valutazione oggettiva della loro situazione personale e dell'insieme delle circostanze del caso (DTF 122 II 1 consid. 2). Tenuto conto di quanto esposto, un'eventuale partenza dalla Svizzera di tutta la famiglia non porrebbe difficoltà insormontabili, potendo i suoi componenti ragionevolmente realizzare la loro vita familiare in Romania, sicché l'espulsione non può essere considerata un'ingerenza di una certa portata nel diritto alla vita familiare dell'insorgente (v. supra consid. 3.2).
3.3.2. Il ricorrente risiede in Svizzera da oltre 10 anni. Nella DTF 144 I 266, richiamata nel ricorso ed emanata nell'ambito della LStrI, questo Tribunale ha stabilito che di regola, nel contesto del diritto migratorio, è possibile partire dall'assunto che, dopo un soggiorno legale di 10 anni in Svizzera, lo straniero vi abbia creato delle relazioni sufficientemente salde, e che siano di conseguenza necessari motivi particolari per porre fine a tale soggiorno. Il Tribunale federale ha tuttavia precisato che in singoli casi la situazione può essere diversa e l'integrazione dello straniero può lasciare a desiderare (DTF citata consid. 3.9). Ciò è il caso in linea di principio delle persone che si sono rese colpevoli di uno dei reati elencati dall'art. 66a cpv. 1 CP (sentenza 6B_627/2018 del 22 marzo 2019 consid. 1.4). Orbene, secondo la giurisprudenza testé esposta (v.
Secondo i fatti accertati dalla CARP, l'integrazione del ricorrente non va oltre un'integrazione ordinaria. In Svizzera, ove è giunto in età adulta, ha creato una nuova famiglia, ha lavorato e non ha accumulato debiti. A parte il suo nucleo familiare, non emergono legami sociali e professionali particolarmente intensi con la Svizzera. Non risulta soffrire di problemi di salute e non gli sono precluse possibilità di reinserimento nel suo Paese d'origine, avendo egli stesso riconosciuto di non aver problemi al riguardo. In proposito la CARP ha del resto osservato come l'insorgente, oltre a essere nato e cresciuto in Romania, vi ha frequentato alcuni anni di università e ha avviato per conto proprio due attività dando così prova di essere integrato nel suo Paese e anche di potervici ritornare senza scontrarsi con difficoltà di reinserimento. In Romania peraltro vivono ancora sia la madre sia la sorella del ricorrente.
L'espulsione non costituirebbe pertanto un grave caso di rigore personale per il ricorrente. Non essendo data la prima condizione cumulativa posta dall'art. 66a cpv. 2 CP, non è possibile in concreto rinunciare eccezionalmente alla pronuncia della misura.
3.4. Come visto, l'art. 8 CEDU non osta all'espulsione, e di riflesso nemmeno l'art. 13 Cost., che non conferisce garanzie più estese di quelle convenzionali (v. DTF 146 I 20 consid. 5.1). Quanto all'invocata Convenzione sui diritti del fanciullo, la misura pronunciata non ne implica la violazione. Infatti, poiché i membri della famiglia del ricorrente potrebbero seguirlo all'estero senza troppe difficoltà (v.
3.5. Abbondanzialmente, volendo per ipotesi ammettere l'esistenza di un caso di rigore, l'espulsione risulterebbe comunque rispettosa del principio della proporzionalità e la seconda condizione posta dall'art. 66a cpv. 2 CP per rinunciare eccezionalmente alla misura non sarebbe quindi data.
3.5.1. Si rammenta che, nell'ambito dell'esame della proporzionalità dell'espulsione di uno straniero giunto in Svizzera in età adulta, occorre prendere in considerazione la gravità del reato commesso e della colpa dell'autore, la durata della sua presenza nel nostro Paese, il tempo trascorso dalla perpetrazione dell'infrazione e il comportamento da egli tenuto da allora, i suoi legami sociali, culturali e familiari con il paese di residenza e con quello di origine, il suo stato di salute, la durata della misura, nonché le difficoltà che incombono su lui e la sua famiglia in caso di espulsione (DTF 139 I 145 consid. 2.4; v. pure sentenza 6B_693/2020 del 18 gennaio 2021 consid. 7.1.1). Nella ponderazione degli interessi, occorre considerare anche l'interesse superiore e il benessere dei fanciulli (art. 3 CDF), ossia dei minori (art. 1 CDF), in particolare il loro interesse a crescere potendo intrattenere saldi contatti con i loro genitori, precisato tuttavia che, sotto il profilo del diritto migratorio, questo elemento non è preponderante rispetto agli altri e che l'art. 3 CDF non permette di fondare alcuna pretesa diretta alla concessione o al mantenimento di un permesso di soggiorno (DTF 144 I 91 consid. 5.2). Con riguardo ai figli del genitore interessato da una misura di espulsione, la giurisprudenza tiene conto segnatamente del fatto che i loro genitori vivono insieme e ne hanno la custodia e l'autorità parentale congiunte o che il genitore colpito dall'espulsione ha la custodia esclusiva e l'autorità parentale o che non ha né l'una né l'altra e intrattiene dunque dei contatti con loro unicamente nell'ambito del diritto di visita. L'interesse del fanciullo è colpito in modo particolare quando l'espulsione del genitore comporta una spaccatura della coesione coniugale, in altre parole quando le relazioni familiari sono intatte e i genitori dispongono della custodia e dell'autorità parentale congiunte del figlio, ma non è ragionevolmente possibile esigere dagli altri membri della famiglia, segnatamente dall'altro genitore contitolare dell'autorità parentale e della custodia, che partano nel Paese d'origine dell'altro genitore (sentenza 6B_1035/2021 del 16 dicembre 2021 consid. 3.2.3 e rinvii). Il fatto che lo straniero, autore di un reato, viva in Svizzera con il coniuge e i figli comuni in un'unione familiare intatta non costituisce tuttavia un impedimento assoluto all'espulsione (sentenza 6B_855/2020 del 25 ottobre 2021 consid. 3.3.3).
L'interesse pubblico ad allontanare persone che si sono macchiate di gravi reati alla LStup, contribuendo a diffondere il flagello della droga, è molto importante. Il Tribunale federale si mostra particolarmente rigoroso in caso di infrazioni alla LStup (v. DTF 139 II 121 consid. 5.3). L'applicazione di parametri severi in presenza di reati di una certa gravità in materia di stupefacenti è accettata anche dalla CorteEDU che, nella sua prassi, accorda di regola un peso preponderante all'interesse pubblico a porre fine al soggiorno dello straniero condannato per tali reati (DTF 139 I 145 consid. 2.5 con rinvii alla giurisprudenza della CorteEDU).
3.5.2. Il ricorrente si è reso colpevole, in età adulta, di infrazione aggravata alla LStup, in quanto idonea a mettere direttamente o indirettamente in pericolo la salute di molte persone (art. 19 cpv. 2 lett. a LStup). Non è un tossicodipendente e ha agito unicamente per puro fine di lucro, malgrado esercitasse delle attività lucrative e le entrate mensili permettessero di far fronte integralmente al fabbisogno familiare. Gli è stata inflitta una pena detentiva di tre anni, ben superiore dunque alla "pena detentiva di lunga durata" che, nel diritto migratorio, può giustificare la revoca di un permesso di soggiorno allo straniero condannato penalmente (v. art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI; DTF 139 I 145 consid. 2.1). La CARP ha definito la sua colpa piuttosto grave. Invano l'insorgente tenta di relativizzare la gravità del reato, adducendo l'incensuratezza o il quantitativo in media venduto al mese. La prima, contrariamente a quanto preteso, non costituisce in alcun modo un fattore attenuante. Al secondo argomento si può invece semplicemente ribattere che l'attività illecita è stata svolta sull'arco di due anni e quindi su un lasso temporale non indifferente. Se è vero che la CARP ha rilevato che l'attività di spaccio messa in piedi dal ricorrente non potesse essere considerata parte integrante di una consolidata attitudine a delinquere, ciò a cui il gravame si richiama, dai fatti accertarti risulta altresì che egli ha saputo muoversi nel mondo della droga e organizzarsi, impiegando le proprie competenze gestionali e le proprie risorse imprenditoriali per, inizialmente, avviare e, in seguito, incrementare un importante traffico di cocaina; senza l'ausilio di terzi, è riuscito ad allacciare un contatto con un fornitore all'estero, acquistando merce sempre più regolarmente. Sul comportamento tenuto dopo i fatti, da cui è trascorso invero non molto tempo, nulla di negativo può essere segnalato. I giudici cantonali hanno sottolineato l'ampia collaborazione del ricorrente, che li ha condotti a ridurre sensibilmente la pena inflittagli conformemente alla giurisprudenza di questo Tribunale (v. sentenza 6B_265/2010 del 13 agosto 2010 consid. 3.3) e a formulare una prognosi positiva quanto al suo comportamento futuro al momento di pronunciarsi sulla sospensione parziale della pena. Questo non significa però che non esista più alcun interesse pubblico alla misura dell'espulsione, come preteso. Va infatti ricordato che con la sua attività di narcotraffico il ricorrente perseguiva un mero fine di lucro, al solo scopo, come emerge dalla sentenza impugnata, di migliorare senza sforzi e velocemente la propria situazione economica e quella dei suoi familiari, malgrado non avesse problemi finanziari. Egli ha quindi delinquito malgrado una situazione del tutto favorevole.
Il ricorrente, classe 1977, è nato e cresciuto in Romania, dove ha trascorso la maggior parte della sua vita e ha frequentato le scuole dell'obbligo, quelle superiori e anche qualche anno di università nella facoltà di pubblica amministrazione. Vi ha pure avviato un'attività immobiliare e in parallelo di ristrutturazione di interni. Conosce dunque la lingua, la cultura e le tradizioni del suo Paese. Nel 2008, in età adulta, è giunto in Svizzera e vi ha creato una nuova famiglia, sposandosi nel 2013 con una connazionale, giunta in Svizzera nel 2003 anche lei in età adulta, e diventando padre della sua secondogenita, nata nel 2015. Insieme con loro vivono pure il primogenito, figlio di primo letto nato in Romania, e il padre. Il ricorrente si trova in Svizzera da oltre dieci anni e vi ha avviato due attività indipendenti. Ciò nonostante, non avrebbe alcuna difficoltà a reinserirsi nel suo Paese d'origine, come peraltro da lui stesso riconosciuto, benché affermi che l'espulsione è quello che più teme. In patria vivono ancora la madre e la sorella e vi ha pure fatto regolarmente ritorno per trascorrere le vacanze. Come detto, egli vi aveva già esercitato delle attività professionali e ha ancora un'età che gli permetterebbe di avviarne delle nuove, come del resto già fatto in Svizzera. Sconfessando le dichiarazioni rese in sede cantonale, l'insorgente adduce "reali e concrete difficoltà di reinserimento in Romania", senza tuttavia minimamente illustrarle, limitandosi a un'apodittica affermazione. Tutti i membri della sua famiglia sono di nazionalità rumena, l'unica a non aver mai vissuto in Romania essendo la figlia minore. Secondo quanto addotto nel ricorso, parla comunque rumeno, anche se le sue competenze al riguardo vengono definite limitate. È tuttavia ancora in tenera età e non sarebbe arduo per lei inserirsi in un Paese che non le è completamente estraneo, la famiglia trascorrendovi le vacanze e rendendo visita alle nonne. Il primogenito quest'anno sarà maggiorenne e il suo statuto in Svizzera non dipenderà più dunque da quello del padre, potendo decidere autonomamente se seguirlo in Romania o restare in Svizzera. La moglie, titolare di un permesso di domicilio, ha praticamente trascorso metà della sua vita in Romania, e ne conosce dunque la lingua, la cultura e le tradizioni. Si è sposata con l'insorgente prima che questi versasse nel narcotraffico. Occorre tuttavia rilevare che si è fatta anche lei coinvolgere in questa attività delinquenziale, agendo in correità con lui, e rischiando dunque lei stessa l'espulsione. Sia come sia, se lo volesse, potrebbe di riflesso seguire senza grandi difficoltà il coniuge in Romania. Il padre dell'insorgente è in Svizzera solo dal 2019. Soffre di problemi di salute, ma nulla indica che non possa beneficiare di cure adeguate in patria.
In simili circostanze, l'espulsione del ricorrente non comporterebbe dunque necessariamente la separazione della famiglia e l'interesse privato del ricorrente a rimanere in Svizzera in ragione dei suoi legami familiari va pertanto relativizzato e in ogni modo non prevale sull'interesse pubblico alla misura, che risulta dunque proporzionata in ragione anche della sua durata limitata, corrispondente al minimo legale (v. art. 66a cpv. 1 CP).
3.6. L'espulsione del ricorrente pronunciata dalla CARP risulta pertanto conforme al diritto.
4.
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto, perché infondato.
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF) e sono pertanto poste a carico del ricorrente.
Non si accordano ripetibili (art. 68 LTF).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Il ricorso è respinto.
 
2.
 
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
 
3.
 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.
 
Losanna, 20 giugno 2022
 
In nome della Corte di diritto penale
 
del Tribunale federale svizzero
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy